da Pallavoliamo.it
La pallavolo non è mai uno sport violento.
Ci si dà la mano sotto rete, il contatto fisico con l’avversario durante l’azione è considerato falloso, così come l’esultanza rivolta dall’altra parte della rete: si esulta nell’abbraccio della squadra.
Mi sono chiesto talvolta se le persone non debbano essere separate da una rete, perché si risolvano a rispettarsi.
A volte, però, abituarsi a vivere con la rete in mezzo può portare al desiderio di oltrepassarla.
Le ragazze non iniziano a giocare, se non hanno stretto la mano a chi sta dall’altra parte della rete.
Quello che imparano, dai grandi della pallavolo, è rispettare nella sconfitta coloro che rispettavano nella vittoria.
Un avversario non smette di godere del nostro rispetto, quando ci vince a pallavolo. Al contrario, ne gode ancora di più.
I palloni lo imparano presto, perché subiscono gli stessi colpi da una parte dell’altra della rete, per loro tutto è uguale, per loro tutto è pallavolo.
Quando le giocatrici imparano a ragionare come il pallone che colpiscono e ammaestrano, diventano delle giocatrici di pallavolo. Quando smettono di essere delle giocatrici di pallavolo, dentro i nove metri, non solo perdono la partita con molta probabilità, ma, con assoluta certezza, piuttosto, perdono rispettabilità.
L’opposto del rispetto, nel volley, è l’ira.
Perché chi non ispira rispetto, ispira rabbia.
Qualcuno obietta che chi ispira troppo rispetto infine è un modesto ed eterno umile che non arriverà in alto mai, sostanzialmente, un povero del volley.
Ma io dico, invece, che se una pallavolista rispettabile è una pallavolista povera, una pallavolista irosa è addirittura una mendicante.