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Genitori o tassisti?

Ultimo Aggiornamento: 24/03/2011 14:56
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Città: MILANO
Età: 60
Sesso: Maschile
24/03/2011 14:21

P.S. Nella speranza che l'allenatore non pensi solo a vincere la partita...
Durante il tempo dell’adolescenza i genitori spesso si trovano di fronte a un processo di “smitizzazione” del loro ruolo da parte dei propri figli. In questa fase, infatti, i genitori debbono fare scelte, prendere decisioni che non sempre sono gradite dai loro figli e che li possono rendere impopolari. Genitori che hanno paura di perdere l’approvazione e il consenso dei figli possono trovarsi in difficoltà e scoprire che una modalità educativa caratterizzata sul compiacere e accontentare i figli provoca una reciproca dipendenza e la paura di deludersi può mettere la famiglia in una condizione di paralisi. In passato questa era considerata la stagione dei conflitti mentre oggi sembra prevalere la logica del compiacimento e dell’evitamento. Sia nei convegni che nei libri sempre più spesso si trova un luogo comune che i giovani hanno fatto proprio e che è diventato una critica severa verso il mondo degli adulti e che suona più o meno così: “Voi siete più preoccupati di capirci che di incontrarci!”. Come se prevalesse la necessità di inquadrare un mondo poco comprensibile e non fossimo capaci di affrontare quei rischi che ogni processo di conoscenza comporta.
Comunemente si dice che questo è il tempo in cui il/la figlio/a adolescente conquista la propria autonomia e che i genitori debbono svolgere un paziente lavoro di mediazione per favorirla. Questo è sicuramente vero; ma è altrettanto vero che per promuovere un reciproco svincolo tra genitori e figli occorre anche dare un significato diverso alla propria appartenenza familiare, per evitare che questo tempo venga vissuto come il tempo dell’anarchia.  Spesso, infatti, il motivo per cui molti genitori chiedono delle consultazioni cliniche in questo periodo è determinato dalla necessità di ri-stabilire delle regole che permettano a tutti i componenti la famiglia di non sentirsi nella propria casa come degli “ospiti di un albergo”. Le percezioni ricorrenti sono che in questa fase saltino tutti i momenti di incontro (dalla colazione alla cena, tanto per citare un luogo domestico, come la tavola, da sempre riconosciuto nella nostra cultura come contesto di incontro per la famiglia), la comunicazione risulti ripetitiva e banale (“come è andata a scuola?”) e si impoverisca l’area affettiva (chiedere a un figlio adolescente “Come ti senti?” a volte viene interpretato come un’invasione di campo e allora ci si astiene). A fronte di queste incertezze e paure molti genitori credono di poter ri-trovare il senso della famiglia attraverso la riaffermazione delle regole e del controllo. Questa invece è l’età dell’ascolto attivo rispetto ai bisogni interni dei figli (i genitori non possono ridursi a considerarsi e ad essere considerati solo dei bancomat o dei tassisti), è il tempo della mediazione, della capacità di saper fare accordi e della riaffermazione delle proprie potenzialità propositive. È sempre importante sottolineare che in questa fase una delle esperienze più significative per l’adolescente è rappresentata dall’appartenenza al gruppo dei pari, frutto di quella attività autonoma ed esplorativa al di fuori del contesto familiare. Questo a volte mette in apprensione i genitori in quanto attraverso queste scelte viene ridefinita la sfera del loro controllo e stabilito un confine mobile che il/la figlio/a pone con l’area di influenza dei propri genitori. Occorre vedere questo passaggio come un’opportunità ma anche come un rischio necessario da vivere. Il gruppo per l’adolescente rappresenta un riferimento significativo da un punto di vista affettivo, cognitivo e relazionale, non alternativo ai legami familiari: una vera e propria palestra di confronto, esplorazione e sostegno. Nel gruppo, inoltre, ci si arricchisce di quel patrimonio, diverso da quello familiare, utile per affrontare le sfide della vita e per costruire un ponte di contatto con il mondo sociale.
Antonio D’Andrea, psicologo, psicoterapeuta familiare
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Post: 30.455
Sesso: Maschile
24/03/2011 14:39

"Il gruppo per l’adolescente rappresenta un riferimento significativo da un punto di vista affettivo, cognitivo e relazionale, non alternativo ai legami familiari"


Verissimo !!!
Dobbiamo vigilare sulle amicizie dei nostri figli, ma sempre con discrezione e intelligenza.
Devono comunque confrontarsi personalmente, senza la nostra protezione. Solo così si cresce.
A noi genitori il compito di capire se questo confronto risulta lacerante e dirompente; solo allora ci è d'obbligo intervenire, cercando di offrirsi come "esperti" che hanno già passato momenti simili e mai come i depositari della verità.


[SM=g27988]
..
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Post: 132
Città: MILANO
Età: 60
Sesso: Maschile
24/03/2011 14:56

www.istruzione.it/web/istruzione/prot913_09

un documento molto importante sul tema è quello che vi segnalo qui sopra con il link.
Non so quanti ne sono a conoscenza ma il MIUR (in particolare il Provveditore di Bergamo) ha fatto un lavoro molto bello che ha portato alla realizzazione di quello che viene chiamato il "Patto di Corresponsabilità Educativa", che coinvolge la Scuola, la famiglia e le altre agenzie educative (quindi anche lo società sportive, almeno in età di scuola dell'obbligo).
E' un testo che viene usato di solito per scopi "sanzionatori", in quanto stabilisce regole e comportamenti. Ma è un errore. In realtà questo testo affronta l'importante tema del dialogo tra le "agenzie educative" coinvolte nella crescita dei nostri figli.
Non penso di sbagliare nel ritenere le Società Sportive un tassello importante di questo patto.
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